Uno Yoga o tanti Yoga? 16 Febbraio 2017 – Posted in: Contributi

di Nadia Berti (YogaAzione)
uscito su Il giornale dello Yoga il 16/12/2016

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Lo Yoga diventa tanti in uno e uno in tanti…

La radice stessa da cui deriva il termine Yoga è una risposta a questa domanda, Yoga infatti deriva dalla radice sanscrita Yúj che significa “Unione”. Il significato di Unione è in contrapposizione con una suddivisione o una molteplicità. Ma allo stesso tempo bisogna prendere in considerazione la possibilità che l’Uno sia ricco di sfaccettature come un diamante o un prisma, e in effetti nel mondo dello Yoga e dell’Induismo in generale c’è molta ricchezza.. vi sono pensieri e correnti che apparentemente si contraddicono, ci sono testi che messi in comparazione con altri testi sembrano affermare tutto e il contrario di tutto. L’Induismo infatti è una delle più complesse (ma anche più complete) religioni al mondo, nonché la più antica ed è difficile leggerla e comprenderla con le lenti del mondo occidentale, religioso o culturale che sia, è necessario uno sforzo di immedesimazione non da poco… Ed ecco che anche lo Yoga diventa tanti in uno e uno in tanti.

Ma quali sono questi tipi di yoga? Innanzitutto premetto che qui desidero parlare degli Yoga tradizionali, che fanno capo ad una sola idea e forma di yoga, tradizionale per l’appunto, che fa quindi capo ai testi sacri dell’epoca vedica e in particolare allo Yoga Sūtra di Patañjali (testo base dello yoga, scritto dal saggio Patañjali, codificatore della scuola filosofica ortodossa – Darsana – Yoga). Per “tipi” o forme di yoga quindi non si intendono gli stili (Iyengar, Bikram, Asthanga Vinyasa, Kundalini, della Risata, Acro Yoga, ecc..) che sono invece uno sviluppo più moderno e spesso, ma non sempre, occidentale di ciò che già era una disciplina “fatta e finita”, ovvero lo Yoga. I diversi stili non vanno condannati tout court, ma vanno analizzati singolarmente a seconda delle loro peculiarità e della loro vicinanza o lontananza dalla tradizione.

Quali sono le forme dello Yoga?

Abbiamo quindi stabilito che lo Yoga è Uno. Ma ora dobbiamo capire come può avere altre forme dentro di sé. Lo Yoga è come un diamante, brilla sotto diversi riflessi grazie alle sue sfaccettature. Queste in particolare sono 4:

  • Hatha Yoga
  • Mantra Yoga
  • Karma Yoga
  • Bhakti Yoga

Per Hatha Yoga si intende la parte dello yoga che più si è sviluppata in occidente, ovvero quella dedicata alle Āsana (posture del copro) e in generale all’esercizio e alla pratica fisica e alla cura del corpo. Spesso lo yoga viene identificato solo con questa prima sfaccettatura. Se vogliamo usare un termine ancora più corretto per descrivere lo Yoga tradizionale possiamo usare il termie Raja Yoga, che letteralmente significa “Yoga Regale”, è una pratica che contiene dentro di sé l’Hatha Yoga (quindi le Āsana), il Prānāyāma (gli esercizi respiratori) e Dhyāna (o mantra yoga), ovvero la meditazione.

Per Mantra Yoga si intende la ripetizione reiterata di un mantra, solitamente con l’utilizzo della Mālā, ovvero di una collana chiamata anche “rosario Indù”. Questa “collana” può essere fatta di diversi materiali (legno di rosa, di sandalo, di neem, pietre dure, semi sacri di rudraksha, ecc..) ma ci sono due caratteristiche che la rendono differente da una collana qualsiasi: i semi o le perle sono sempre 108 e al termine vi è il Guru, ovvero un pendaglio o un raddoppiamento delle perline che sta ad indicare simbolicamente il nostro Guru e a livello pratico serve per capire al solo tatto di aver terminato un giro di recitazione (così da non dover tenere aperti gli occhi o contare mentalmente fino a 108). Il Mantra può variare a seconda delle esigenze, del percorso spirituale, della scuola a cui si aderisce e del maestro o divinità a cui si è devoti, ma la caratteristica che fa si che un mantra venga considerato tradizionale dallo yoga è la lingua: il mantra antico e sacro è sempre in sanscrito, altre variazioni sono interne alle scuole che le adottano per motivi vari.

Per Karma Yoga si intende il lavoro senza aspettative, ovvero il fare e agire nel mondo senza attaccamenti verso i risultati che possono o meno arrivare, si intende anche un lavoro fatto gratuitamente. In occidente potremmo paragonare il karma yoga con il volontariato. Ma Karma yoga può essere anche il lavoro svolto dentro un Ashram, aiutare un amico, partecipare ad un progetto benefico senza ottenere nulla in cambio, oppure svolgere un qualsiasi lavoro quotidiano e casalingo ripentendo mentalmente o ad alta voce il mantra oppure svolgere questa mansione dedicandola al proprio Dio. Non importa quindi la natura del lavoro ma la sua intenzionalità, il nostro sentimento interiore e la nostra predisposizione amorevole. Per Karma Yoga si intende quindi anche il Seva: il servizio.

Per Bahkti Yoga si intende lo yoga devozionale, ovvero quella forma di meditazione e pratica yogica svolta attraverso l’amore e la devozione, solitamente cantando e suonando mantra, in gruppo o da soli. Bhakti yoga è una forma di pratica che può essere vista e vissuta quindi sia come meditazione (per via della forza dei mantra) sia come preghiera (per l’aspetto amorevole e devozionale), ma trattandosi di pratica yoga non va comunque confusa con una forma religiosa, si tratta di pratiche spirituali e yogiche.

Quindi come praticare yoga?

Lo yoga, come abbiamo visto, è composto da varie parti che però diventano un tutto proprio grazie a questi suoi aspetti che si integrano in un’unica pratica. Si può aderire a uno o più, o a tutti i suoi aspetti, vi sono scuole e correnti che prediligono maggiormente uno degli aspetti, e altre che li praticano tutti. A mio avviso lo Yoga è nella vita, è la vita: lo si ritrova in ogni aspetto del mondo e della realtà che ci circonda, dentro e fuori di noi, nel nostro volto e in quello dell’Altro, basta saper cercare. Lo yoga è fatto di svariati aspetti perché vuole essere uno strumento che risponde ad ogni esigenza, ad ogni carattere e personalità, ad ogni fase della vita, è una disciplina che sa vibrare le differenti vibrazioni energetiche che l’uomo possa esprimere, ognuno di noi è libero di risuonare e ritrovarsi in quella forma e in quella pratica che più richiama il suo assetto energetico (o Prakruti secondo l’ayurveda) nel rispetto di se stesso e del Dharma.

Pubblicato su Il Giornale dello Yoga